Ricerche, teorie, modelli e pratiche scientifiche sui temi di benessere e consapevolezza.
Siamo ancora lontani dal poter affermare “cosa sia la felicità”, però dagli inizi degli anni 2000 ad oggi c’è stato un incredibile fiorire della ricerca scientifica su questo tema.
Il nostro impegno si fonda su alcune ricerche, teorie e modelli fondamentali della Scienza della Felicità, alcuni dei quali sono menzionati in questo articolo.
Cosa si intende con “felicità”?
Prima di cominciare, una riflessione su cosa si intende col termine “felicità”.
Ad oggi esistono principalmente due teorie o filosofie che parlano di feicità: la teoria edonica e quella eudaimonica.
Parliamo di Felicità Edonica quando intendiamo la felicità come emozione o ricerca del piacere.
In questo caso le emozioni sono passeggere, tendenzialmente di profonda intensità, ma rapidissime a spegnersi come ad accendersi e vengono generate dall’esterno, da situazioni, eventi, interazioni. Il focus della felicità edonica è spesso quello dello “stare bene”, che non va confuso col benessere, ma col godimento tipico del piacere.
La teoria Eudaimonica, invece, vede la Felicità come una competenza.
Rifacendosi molto anche alla tradizione filosofica antica, l’approccio eudaimonico vede la felicità sia nella ricerca del senso del vivere (vita contemplativa), sia nella messa in atto di pratiche di benessere su tutti i livelli: come fioritura personale (piacere e salute, come anche realizzazione personale), relazionale, civica (la vita attiva filosofica) e anche spirituale.
Parlando di pratiche, possiamo dire che ne diventiamo attori e non la vediamo più come un “qualcosa che capita”.
Insomma: possiamo costruire attivamente e consapevolmente la nostra felicità.

Nascita della Scienza della Felicità e modello PERMA
Non è facile individuare il momento preciso in cui è nata, perché – per come accade con ogni evento storico – è sicuramente il prodotto di una somma di fattori. Possiamo però farla coincidere con un’intuizione di Martin Seligman, quando decise di spostare il focus della psicologia dagli stati disfunzionali a quelli ottimali, portando per la prima volta nella storia la psicologia ad interessarsi del benessere.
Per questo viene spesso considerato padre della psicologia positiva.
Erano gli albori degli anni 2000 e agli esordi delle sue ricerche Seligman si trovò a cambiare idea, passando da una teoria che chiamava “della felicità autentica”, per cui sosteneva che tutto ciò che facciamo, lo facciamo per essere più felici (un taglio edonico), alla successiva “teoria del benessere”, che invece ci spinge a considerare dentro al termine “happiness” più fattori, che Seligman presenta nel suo PERMA model:
- P – positive emotions | emozioni positive
- E – engagement | ingaggio, partecipazione
- R – relationships | relazioni
- M – meaning | senso, scopo
- A – accomplishment | soddisfazione e realizzazione degli obiettivi, successo

In questo modo la felicità appare subito come un costrutto complesso, che contiene in sé molti aspetti della vita delle persone, sui quali è possibile concentrarsi attivamente, al fine di aumentare il benessere.
Il concetto di Felicità Eudaimonica, inoltre, non punta solo alla felicità personale, ma porta con sé l’idea che “si è felici (o quantomeno più felici) se lo si è insieme”. Si parla di relazioni, ad esempio, che spostano l’attenzione sul sociale, sul “noi”, che è uno dei temi di riferimento più importanti della Scienza della Felicità.
Ne racconta qualcosa anche la ricerca di Dan Buettner per il National Geographic sulle Blue Zones, le zone che registrano un maggior numero di centenari (sono cinque, nel mondo: Loma Linda (California), Nicoya (Costa RIca), Sardegna (Italia), Icaria (Grecia) e Okinawa (Giappone), quest’ultima famosa anche per la sua filosofia “Ikigai”, sullo scopo di vita.

Ikigai e Blue Zones
Non è certo una delle teorie scientifiche più importanti, ma è comunque interessante da tenere in considerazione: una filosofia di vita che viene dal Giappone (Okinawa), che significa “motivo di vita” (“iki” vita e “gai” motivo). Questa è la filosofia dei centenari e comprende, così come il costrutto della felicità eudaimonica, diversi aspetti:
- attenzione all’alimentazione (di norma: mangiare solo cose locali e di stagione);
- movimento quotidiano, che diventa una pratica da associare alle attività di ogni giorno (fare le scale, curare l’orto, ecc…);
- cura delle relazioni, in particolar modo la famiglia e le relazioni di tipo sociale;
- partecipazione alla vita sociale e “civica” del luogo (è l’engagement del modello PERMA);
- coltivare un impegno personale, di utilità collettiva.
Anche dalla filosofia “ikigai” risulta, quindi, che le relazioni e la partecipazione sociale (e civica) siano degli elementi importanti per lo sviluppo di una piena felicità. Una felicità del “noi”, che sia ecosistemica e rispettosa dell’alterità e del pianeta.
Anche se la teoria dell’Ikigai non ha, per sé, un fortissimo fondamento scientifico, Dan Buettner, nel suo sito, continua a portare avanti le osservazioni sul tema e non solo: ci sono diverse ricerche della Zaraska (espresse anche nel suo libro “Growing Young“), che tendono a dimostrare quanto descritto nell’ikigai: che le relazioni aiutano a vivere meglio e abbassano il tasso di mortalità; che ci sono benefici su un’alimentazione “semplice“; che impegnarsi socialmente aiuta a stare meglio e vivere di più.
Oltre la genetica
Un’altra ricerca importantissima è quella di Sonja Ljubomirsky, che ci aiuta a vedere oltre la genetica: per molto tempo si è pensato che i geni fossero un po’ la cabina di regia della nostra vita, in toto, quindi anche della nostra felicità. Lo studio ha invece dimostrato che la naturale disposizione a “vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto” conta solo per il 50% nel totale della nostra felicità:
- 50% dato dalla predisposizione genetica a vedere le cose in modo positivo o negativo;
- 10% l’influenza degli eventi esterni;
- 40% composto da “attività intenzionali”: pensieri, emozioni e azioni.

Una ricerca importantissima (e aggiornata a fine 2019) perché conferma quanto, la felicità, sia nelle nostre mani, se impariamo a gestire pensieri ed emozioni, se li nutriamo con costanti pratiche di benessere e se diventiamo attori consapevoli. Ecco perché abbiamo scelto la formazione sui temi di “benessere e consapevolezza”: per noi sono il nucleo della felicità.
Emozioni positive
È possibile allenare le emozioni. Questo è un punto saldo della Psicologia Positiva, che ha riempito pagine di ricerche su quelle pratiche – spesso semplicissime – che permettono di nutrire con costanza la propria felicità “emozionale”.
Una teoria fondamentale, su questo tema, è sicuramente la “Broaden & Build” di Barbara Fredrickson, con cui ha cercato di rispondere ad una domanda annosa: “Perché esistono delle emozioni positive?”.
Un po’ come accadde per Seligman, anche la Fredrickson spostò la sua attenzione dal negativo al positivo: si sa che abbiamo ereditato e tramandato le emozioni negative (ed alcuni bias famosi, come quello della “negatività”) perché ci hanno aiutati ad evolvere. La paura, ad esempio, ci ha permesso di evitare i pericoli.
Mentre le emozioni positive a cosa ci servono? Secondo la Fredrickson, esistono dieci emozioni positive, che ci hanno permesso di “ampliare e costruire”, ovvero di evolverci individuando possibilità nuove (ampliare) da realizzare (costruire) spesso formando delle società più grandi (ampliare). Le emozioni positive che individua, sono:
- gioia
- gratitudine
- serenità
- interesse
- speranza
- orgoglio
- divertimento
- ispirazione
- meraviglia
- amore
Per conoscere meglio le emozioni positive, puoisbirciare un bellissimo e completo articolo di Lara, nel suo sito oppure andare alla fonte, in questo TED della Fredrikson.
Engagement: stati di flusso e punti di forza
Parlando di emozioni, viene anche da chiedersi che posizione occupi quella sensazione di “engagement”, che spesso ci troviamo a vivere e che è traducibile con “ingaggio” o con “partecipazione entusiasta” tipica dei giochi.
A tal proposito è importantissima la teoria del Flow di Csíkszentmihályi: uno stato “ottimale”, di grande engagement, come ricorda l’autore nel suo libro recentemente tradotto in italiano.
Uno stato ottimale che si pone tra la noia e l’ansia, tra una mancanza di tensioni e quella tensione negativa, che ci stanca e ci svuota. Uno stato che ci permette di rendere al meglio, senza stancarci e consumare energia, sentendoci perfettamente allineati con quello che stiamo facendo, nel momento.
I tratti caratteristici di un’esperienza di flusso sono:
- di solito si verifica quando affrontiamo dei compiti che abbiamo la possibilità di svolgere;
- dobbiamo essere in grado di concentrare la nostra attenzione;
- le attività hanno obiettivi chiari ed il feedback è immediato;
- l’impegno è profondo, ma non consuma energia;
- viviamo una sensazione di controllo;
- il senso del sé sparisce e riappare subito dopo, più forte;
- il senso del tempo viene alterato.
Tra le molte pratiche che ci portano in flow, preferiamo il lavoro sui Punti di Forza ideato dal VIA Institute. Un lavoro complesso che ha impegnato un team di oltre 60 scienziati che, abilmente guidati da Seligman e Peterson, per più di tre anni hanno raccolto filosofie, ideologie religiose e tutto ciò che poteva indicare quali fossero, per le diverse epoche e culture, quei “valori” considerabili come “punti di forza”.
Il risultato è un sistema di 24 Punti di Forza, universalmente validi, organizzati in 6 virtù, che è possibile scoprire con un semplicissimo questionario (meglio farlo dal computer e non da telefono): http://matteoficara.pro.viasurvey.org
I punti di forza non sono dei talenti, non hanno a che fare con ciò che sappiamo fare, con le nostre conoscenze e competenze, ma sono qualche che siamo e che ci definisce: il sistema considera i primi 5 Punti di Forza come i “Character Strenghts“, ovvero quelli che maggiormente definiscono il nostro carattere.
Conoscere i Punti di Forza e usarli, ci permette di entrare naturalmente in uno stato ottimale, di flow, in cui riusciamo a fare di più, spendendo meno energia. Anzi: ci sentiamo massimamente ingaggiati, felici ed espressi. Infatti la ricerca del VIA Institute nasce all’interno dell’ambito del benessere ed i Punti di Forza ci permettono di aumentarlo.


La Coerenza Cardiaca
La definizione dello stato di flusso, assomiglia moltissimo allo stato di coerenza cardiaca, individuato da oltre 30 anni di studi scientifici dall’Heartmath Institute americano, del quale portiamo in Italia le tecniche.
La teoria di fondo della coerenza cardiaca è molto semplice: il cuore ha un cervello (oltre 40mila cellule neurali) che comunica col cervello nella testa, attraverso il ritmo cardiaco, che – come è normale che sia per ogni essere umano – non è regolare come un metronomo, ma ha un suo indice di variabilità, detto HRV (heart rate variability).
È misurando questo indice che è possibile scoprire se siamo in coerenza cardiaca, ovvero se tutti i nostri sistemi (pensieri, emozioni, corpo, come anche sistema respiratorio, circolatorio ed ormonale). Le tecniche dell’Heartmath Institute permettono, in modo semplice ed efficace, di raggiungere lo stato di coerenza.
In modo semplice, perché si basano su respirazione e richiamo di emozioni positive.
In modo efficace, perché si basano su centinaia di studi e ricerche scientifiche e perché possono essere misurate con un sensore tecnologico.
I benefici che si ottengono dalla pratica costante (anche solo 5 minuti al giorno) della coerenza cardiaca, che si può apprendere frequentanto il workshop “Il Vantaggio della Resilienza“, sono tantissimi:
- +24% | capacità di focalizzare l’attenzione e aumentare chiarezza mentale
- +30% | qualità del sonno
- +38% | calma, serenità emotiva
- – 46% | per gli stati di ansia e di stress
- – 48% | sensazione di affaticamento e spossatezza, mancanza di energia
- – 56% | per gli stati depressivi

Senso del vivere e scopo
Nel modello PERMA, la “M” sta per “meaning”, ovvero “il senso”. La ricerca del senso del vivere è antica quanto l’essere umano e fu una delle prime attività cui si dedicarono i filosofi antichi, cercando il “principio primo di tutte le cose”.
La scienza della felicità riporta alla nostra attenzione la ricerca eudaimonica, ovvero della felicità come pratiche di virtù (e benessere) e del senso del vivere, attraverso il concetto – ideato da Seligman – del flourishing, ovvero della fioritura.
La fioritura personale contiene la ricerca del Senso e dello scopo personale, di quel proposito evolutivo che ci dà modo di agire in modo consapevole e partecipe al benessere globale, facendoci sentire “ingaggiati” e permettendoci una piena realizzazione personale.
Una realizzazione che si differenzia dalla soddisfazione, perché quest’ultima ha a che fare con quello che facciamo e col successo personale (gli achievement raggiunti – è l’accomplishment del modello PERMA), mentre la realizzazione ha a che fare con l’essere ed equivale ad una sensazione personale di pienezza ed equilibrio, un po’ come riportano alcune delle più recenti indagini dell’Istituto Italiano di Psicologia Positiva:
Mature Happiness
Il tema di fondo della Scienza della Felicità è, allora, non è solo quello do fiorire (flourishing), ma anche quello di imparare a costruire un certo equilibrio interiore, una specie di “centro di gravità permanente” che ci permetta di vivere pienamente ed in armonia, sia nella gioia che nei momenti di difficoltà.
Un lavoro, insomma, che punta sia sulle pratiche di benessere, sia sulla consapevolezza, per mettere in atto un possibile continuo lavoro di “con(cen)trazione” ed “espansione”, come è nella natura del nostro cuore.
La felicità è, quindi, sempre una competenza che possiamo sviluppare e che richiede un lavoro equilibrato su consapevolezza e pratiche di benessere, che è esattamente il core di Happiness for Future.

HEART: il nostro modello
Nel corso degli anni di ricerca, abbiamo preso i vari modelli e le teorie, facendo ricerca e approfondimento spesso anche con le formazioni e le sperimentazioni personali, per arrivare a costruire un nostro modello, che non solo le tenesse insieme, ma al quale potessimo aggiungere spunti dalle nostre esperienze, dalle visioni e dalle pratiche che insegniamo.
Il modello si chiama HEART (lo puoi approfondire qui: https://happinessforfuture.it/il-modello-heart):
- Habits – perché “siamo quello che facciamo con continuità”, come diceva Aristotele. Il lavoro sulle abitudini, sulle routine quotidiane e sulla consistency, ovvero la “continuità”, fanno la differenza: ci rendono quello che vogliamo essere.
- Energy – la gestione dell’energia, che contiene in sé tutto il lavoro sulle emozioni positive e l’engagement, ma anche la gestione dello stress e degli stati di “bassa”;
- Awareness – la consapevolezza, il lavoro sull’attenzione, il focusing, l’auto-osservazione, il pensiero, gli stati di presenza e la mindfulness, così come anche il flow;
- Relationships – le relazioni, il “noi” sul quale puntiamo così tanto e con così tanta energia e costanza. Crediamo fermamente che le relazioni che abbiamo curato e coltivato sopravviveranno a qualsiasi futuro e fioriranno nei futuri migliori, per cui sono un bene inalienabile;
- Thrive – il prosperare, quella “fecondità” che è insita nell’etimo della parola “felicità”, il flourishing possibile non solo con le pratiche e col gruppo, ma anche grazie ai punti di forza ed allo scopo di vita.

Report
Per chiudere, due riferimenti esterni a dei Report importanti sulla felicità ed il benessere. Il primo è il BES (sigla del report sul Benessere Equo e Sostenibile italiano), il secondo è il World Happiness Report, chiamato WHR. Ambedue sono annuali e possono dare diversi spunti per saperne di più sulla Felicità nel mondo.